MFormazione "il FIGLIO dell'UOMO" ARGOMENTO dalla STAMPA QUOTIDIANA
Buon Natale e Felice Anno Nuovo,
MERRY CHRISTMAS AND HAPPY NEW YEAR, FROHE WEIHNACHTEN UND HAPPY NEW YEAR, Gëzuar Krishtlindjet dhe Gëzuar Vitin e Ri, عيد ميلاد مجيد وسنة جديدة سعيدة , З Калядамі і HAPPY NEW YEAR, ВЕСЕЛА КОЛЕДА И ЩАСТЛИВА НОВА ГОДИНА, ЎBON NADAL I FELIÇ ANY NOU, VESELÉ VÁNOCE A ŠŤASTNÝ NOVÝ ROK, Sretan Božić i Sretna Nova Godina, GLĆDELIG JUL OG GODT NYTÅR, Happy New Year חג מולד שמח ו, Häid jõule ja head uut aastat, HYVÄÄ JOULUA JA ONNELLISTA UUTTA VUOTTA, FELIZ NATAL E FELIZ ANO NOVO, Nadolig Llawen a Blwyddyn Newydd Dda, ΚΑΛΑ ΧΡΙΣΤΟΥΓΕΝΝΑ ΚΑΙ ΚΑΛΗ ΧΡΟΝΙΑ, Merry Christmas AGUS Athbhliain BHLIAIN, Gleπileg jól og Gleðilegt nýtt ÁR, Priecīgus Ziemassvētkus un laimīgu Jauno gadu, Kalėdų ir Naujųjų metų, Merry Божиќ и Среќна Нова Година, FELICE ANNO NUOVO ناتاله پست, BUON NATALE E FELICA ANNO NUOVO, Crăciun fericit şi HAPPY NEW YEAR, С Рождеством и HAPPY NEW YEAR, Срећан Божић и срећна Нова Година, VESELЙ VIANOCE A ŠŤASTNÝ NOVÝ ROK, Vesel božič in srečno novo leto, ˇFELIZ NAVIDAD Y FELIZ AÑO NUEVO, GOD JUL OCH GOTT NYTT ÅR, З Різдвом і HAPPY NEW YEAR, Boldog Karбcsonyt és Boldog Új Évet, לעבעדיק ניטל און גליקלעך נייַ יאָר
FORMAZIONE
il FIGLIO dell'UOMO ONLUS - ASSOCIAZIONE CATTOLICA E-mail: studiotecnicodalessandro@virgilio.it Siti Internet: http://www.cristo-re.eu ; http://www.maria-tv.eu ; http://www.vangeli.net ; http://www.mondoitalia.net ; http://www.web-italia.eu ; http://www.engineering-online.eu; |
dal 28 Marzo al 4 Aprile 2010 9a SETTIMANA MONDIALE della Diffusione in Rete Internet nel MONDO de " i Quattro VANGELI " della CHIESA CATTOLICA , Matteo, Marco, Luca, Giovanni, testi a lettura affiancata scarica i file cliccando sopra Italiano-Latino Italiano-Inglese Italiano-Spagnolo |
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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2010-01-08In mattinata l'intervento a "Radio Anch'io": "Basta con odio e disfattisti" Berlusconi: "Dopo Piazza Duomo clima cambiato, ora c'è più amore" Telefonata a L'Aquila: "Maggioranza italiani si è iscritta a quello che qualcuno ha chiamato partito dell'amore". E sull'economia: "Basta con le fabbriche del disfattismo" "I nostri avversari hanno ironizzato dicendo che stiamo quasi dando vita a un partito dell'amore. Io lo dico senza ironia: è proprio così". È un passaggio dell'intervento che il premier Silvio Berlusconi ha fatto in collegamento telefonico da Arcore con la 'Comunità Incontro' di Don Gelmini. "Noi - ha proseguito il presidente del Consiglio - intendiamo essere tutti uniti; coloro che amano e rispettano gli altri per portare avanti il duro lavoro che ancora ci aspetta e per fare del nostro Paese un Paese migliore e per dare a tutti i ragazzi la possibilità di realizzarsi e di guardare al futuro con sicurezza". "Mettiamoci insieme, tutti noi, persone di buona volontà, che credono nell'amore e che credono che l'amore possa vincere l'invidia e l'odio", ha aggiunto il Cavaliere. DIO E' AMORE! Come, noi Figli di Dio Possiamo Praticare nella ns. Vita Quotidiana l'Amore? Sul Lavoro, nello Sudio, nella Vita, con il Prossimo. Quali Partiti Politici Predicano. Praticano e Potrebbero Adeguarsi all'Amore? |
ST
DG Studio TecnicoDalessandro Giacomo 40° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE |
Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..
Dio è amore Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo 1Gv 4,7-10 Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. |
Il Mio Pensiero:
DIO E' AMORE!
Come possiamo, noi Figli di Dio, Praticare l'Amore nella ns. Vita Quotidiana, sul Lavoro, nello Studio, nella Vita, con il Prossimo ?
Per farlo dovremmo comportarci con umiltà, apprezzare e vivere la Vita come Dono, rendere al Prossimo quell'Amore che Dio ha profuso nel Creato, godere senza avidità di quello che Dio ci ha Donato, alleviare le sofferenze degli Ammalati, aiutare i Poveri, gli Assetati, gli Affamati, soccorrere i Carcerati, trasferire la nostra Sapienza a quanti vivono nell'Oscurità, non respingendo chi ci chiede Aiuto perché fugge dalla Miseria, dalla Povertà, dalla Guerra.
Tutto ciò lo dobbiamo fare senza alterigia, con umiltà, senza vanto, come dovuto per l'Amore del Figlio dell'Uomo.
Poi se siamo capaci e vogliamo veramente seguire Cristo, vendiamo tutto, doniamo il ricavato ai Poveri, e Seguiamo la Via, Verità, Vita.
Questo è AMORE !
Questo lo dobbiamo fare nella nostra vita quotidiana, come chi lo fa nella "Chiesa" per Scelta di Vita, o chi lo pratica nella Vita, con la Famiglia, nella Scuola, sul Lavoro, nella Società.
Una Società giusta, dell'Amore, si organizza con Partiti ed Organizzazioni Sociali e Sindacali, con Strutture che difendono i Cittadini Onesti, con Parlamento che legiferi in giustizia, con Magistratura che verifica e difende l'applicazione delle leggi, con le Istituzioni che garantiscono, con Organi di Rappresentanza, tutti autonomi ed indipendenti, che si rispettano a vicenda, regolano il governano del Paese, e cercano di rendere fattibile alla società civile la Pratica dell'Amore.
Purtroppo il Partito dell'AMORE non esiste ancora, perché il Partito dell'Amore non Accumula Ricchezze Terrene:
Ci sono partiti che si professano Cristiani, ma non Accolgono Cristo, non Lo Soccorrono, non Gli Danno da Bere, non Gli Danno da Mangiare, non Lo Visitano in Carcere, non Lo Consolano, non Gli danno Conoscenza, non Lo Accolgono, non praticano l'Amore, ma l'odio, la sopraffazione, la guerra.
Alcuni Partiti dicono, o cercano, di seguire Dio, ma poi accumulano o consentono l'accumulo di Ricchezze Terrene a scapito dei Poveri e Diseredati, Ricchezze che tignano, depredano le ricchezze altrui, si appropriano delle ricchezze della collettività, frodano e delincuono, inquinano, portano le divisioni, le guerre, praticano l'invidia, l'oppressione, la disuguaglianza, la sopraffazione, la lussuria, l'ingordigia, non si accontentano di quello che hanno ma vogliono sempre di più, a scapito del Prossimo.
Questi non sono il Partito dell'AMORE !
Altri Partiti, Sindacati, Associazioni che non praticano il lucro, cercano di difendere i Diseredati, i Poveri, gli Umili, gli Affamati, coloro che hanno Fame e Sete di Giustizia, Predicano la Vita, Donano agli Altri, non fanno quello che non vogliono gli altri facciano a loro, fanno il proprio dovere, non vogliono le guerre, non inquinano, costoro, se non praticano la forza e l'oppressione, sono il Partito dell'AMORE.
I Giusti che non conoscono DIO, ma praticano la Giustizia e l'AMORE per il PROSSIMO, allo stesso modo Vivono con AMORE, e sono inconsapevolmente anch'essi Figli di DIO.
Per. Ind. Giacomo Dalessandro
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AVVENIRE per l'articolo completo vai al sito internet http://www.avvenire.it2010-01-06 6 Gennaio 2010 POLITICA Berlusconi, agenda 2010: riforme e riduzione tasse "Il 2010 sarà l'anno delle riforme. Partiremo con quelle della giustizia, poi proseguiremo con la scuola e soprattutto con un programma di riforma fiscale per ridurre le tasse". Secondo quanto apprende l'Agenzia Italia, Silvio Berlusconi ha spiegato in un collegamento telefonico con gli europarlamentari riuniti a pranzo nell'hinterland torinese la prossima agenda politica del Governo. "Andremo avanti con determinazione e senza esitazioni", ha detto il presidente del Consiglio, ricordando agli esponenti del Pdl come l'appuntamento delle Regionali sia una prova decisiva "in questo momento difficile - ha osservato il Cavaliere - dove il terrorismo internazionale è tornato a farsi sentire. Noi dobbiamo essere uniti e fare da esempio. Dobbiamo essere il partito dell'amore che combatte contro chi diffonde odio". Berlusconi ha spiegato agli europarlamentari di trovarsi in Provenza, a casa di sua figlia Marina. "Ho dei figli eccezionali - ha riferito il presidente del Consiglio - tutti noi dobbiamo coltivare ideali di vicinanza alla famiglia". Berlusconi si è detto pronto al rientro. "Sono stanco di così tanto riposo...", ha scherzato il premier. Il pranzo è stato organizzato dal capo della delegazione del Pdl, nel Ppe, Mario Mauro. Il premier ha lodato Mauro per le battaglie che sta portando avanti il partito: "ora - ha detto ancora il Cavaliere agli europarlamentari - dovete impegnarvi tutti in campagna elettorale. Anch'io sono pronto per le Regionali". Il premier infine ha negato frizioni nel Pdl. La Sicilia? "Non è una situazione preoccupante - ha risposto Berlusconi ad una domanda - comunque ci metterò la testa nei prossimi giorni".
http://www.avvenireonline.it/papa/Commenti/20060203.htm Intervista al teologo Elio Guerriero (03 febbraio 2006) "L'amore è... più giustizia nella società" di Paolo Lambruschi L’amore fa breccia. La prima enciclica di Benedetto XVI in una sola settimana ha già battuto il record di 500 mila copie vendute. Per capire i punti più importanti del documento del Papa teologo, abbiamo analizzato alcuni passaggi salienti della prima parte con Elio Guerriero, direttore della rivista internazionale di teologia "Communio". La quale, nel 1972, venne fondata da Hans Urs von Balthasar, dallo stesso Joseph Ratzinger e da Henri de Lubac. Partiamo dall’ormai celebre riferimento all’eros e all’agape. "In Deus caritas est il Papa parte da questo duo – spiega Guerriero – perché gli interessa ribadire che non c’è frattura tra questi due ordini, ma una sorta di integrazione. Perciò contrappone all’eros classico, anche violento degli antichi Greci, ripreso da Nietzsche, l’eros cristiano, del Cantico dei cantici, a cui si arriva attraverso la purificazione. In questo prende spunto dal pensiero di Henri de Lubac". Nietzsche accusò il cristianesimo di avvelenare l’eros, come ricorda lo stesso Papa. Pensiero sempre di moda... "Ratzinger lo confuta. Tra la fine degli anni 40 e gli anni 50 del secolo scorso, quando il Papa portò a compimento la sua formazione, il discorso di Nietzsche era molto presente nella cultura contemporanea. Ma si tratta di una concezione antropologica che tende a tirare verso il basso l’uomo. Benedetto risponde con l’argomentazione della divinità che chiama la creatura umana verso l’alto. L’uomo deve essere uomo in tutto. Nell’eros egli non si abbassa al rango di animale, conserva la sua umanità. L’elemento religioso porta poi alla sua maturazione. Questo non è avvelenare l’eros, ma umanizzarlo. Attraverso la purificazione, arriviamo all’amore autentico, quello cristiano, che è la gioia attraverso la quale l’eros diventa agape". In un passaggio di grande attualità l’encliclica equipara l’amore monogamico all’immagine del Dio monoteistico. Lei come lo interpreta? "Benedetto parte da un riferimento al Cantico dei Cantici che è l’esaltazione dell’amore umano. Ribadisce così che l’amore tra uomo e donna è un parallelismo dell’Alleanza tra Dio e l’uomo. Un patto che riproduce il patto matrimoniale, presuppone l’evoluzione di un amore umano aperto verso il divino e comprende il perdono per chi non ama abbastanza, ma non per chi rompe l’Alleanza con Dio. Dobbiamo comprendere ogni giorno che in realtà amiamo troppo poco e dobbiamo continuamente invocare il perdono per questo". Altra domanda decisiva dell’enciclica è questa: se nessuno ha mai visto Dio, come è possibile amarlo? "Sono domande riprese da San Giovanni. Ma il Papa afferma, sempre con San Giovanni che noi abbiamo visto Cristo, il figlio di Dio. In particolare cita il versetto "Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto", da cui tante volte nella sua opera teologica è partito. Proprio la figura del Trafitto è al centro della sua riflessione. Nello squarcio del costato possiamo infatti vedere l’amore enorme di Dio per l’uomo. Nel figlio in Croce, grazie allo Spirito, cogliamo il grande mistero dell’amore e della vita, quello del Padre che dona, del Figlio donato e dello Spirito che aiuta a comprendere questo amore. Un passaggio molto vicino al pensiero di von Balthasar. Dal costato trafitto sgorgano poi sangue e acqua, che rimandano alla nascita della Chiesa e all’origine dell’Eucarestia. Perciò il Papa può concludere che la carità è inscindibile dalla vita della Chiesa. Non ci può essere vita cristiana senza carità. Che si sviluppa all’interno come fraternità e verso l’esterno come servizio di testimonianza dell’amore di Dio".
In questa testimonianza quale impegno è chiesto ai cristiani nei confronti della società? "La Chiesa non fa politica, ma prende parte alla lotta per la giustizia. È un tema che sta molto a cuore a Joseph Ratzinger, una ripresa dell’incontro tenutosi alla fine del 2004 con Habermas a Monaco, quando sostenne che, nel momento in cui si moltiplicano le forze distruttrici, i costruttori devono coalizzarsi per evitare l’autodistruzione dello Stato. Benedetto invita i cristiani a una forte collaborazione con le persone di buona volontà per edificare una società giusta. La partecipazione alla lotta democratica è necessaria per non lasciare il mondo ai predoni che vogliono prendersi tutto con la forza. Concetti che nascono dall’esperienza del giovane Joseph Ratzinger durante il nazismo e la guerra. Il Papa afferma che uno Stato non fondato sul rispetto della vita, sulla ricerca del bene comune, sulla solidarietà e sussidiarietà rischia di implodere. La battaglia appassionata della Chiesa e del cristiano oggi è creare le condizioni etiche per una società giusta. Benedetto coglie sempre l’elemento della razionalità. Se Dio è carità l’uomo, per avvicinarsi a Dio, non deve darsi a un eros istintivo, bensì cercare di coltivare un amore che porti a una società giusta e accogliente dove si rispecchia l’amore di Dio".
RAI NEWS 24 per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=1356032010-01-07
L'Aquila, 24-12-2009 "Dopo quanto accaduto in piazza del Duomo il clima politico sembra cambiato, e cambiato in meglio: si e' certamente rasserenato e la stragrande maggioranza degli italiani si e' iscritta a quello che qualcuuno ha chiamato ironicamente partito dell'amore". Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi nel corso di un collegamento telefonico con la caserma della Guardia di finanza di Coppito, a L'Aquila, dove la protezione civile ha organizzato una cena di Natale per circa 600 persone, molte delle quali ospitate nella ex sede del G8 a seguito del terremonto del 6 aprile scorso. Secondo Berlusconi e' arrivato agli italiani "il messaggio che l'amore vince sempre su quello che e' contrario all'amore". Ora, ha concluso, "possiamo fare cose importantissime e dobbiamo trasferire questo messaggio per il nuovo anno. Un messaggio di fiducia e ottimismo". Grazie alla nostra "cultura del fare, siamo riusciti a superare anche il gossip e le campagne che ci hanno scatenato contro". E' un altro passaggio dell'intervento che il premier ha fatto in collegamento telefonico, dove la Protezione civile ha organizzato una cena di Natale per circa 600 persone.
La ricostruzione in Abruzzo Silvio Berlusconi, dopo tante visite a L'Aquila, dice di sentirsi "un po' abruzzese" e sottolinea come dopo l'emergenza si debba ora affrontare e superare la fase "difficile" della ricostruzione. "Avevo programmato da tempo di esserci, invece i medici mi hanno ordinato di non uscire ancora da casa. Ma con questa telefonata sono li' con voi a farvi gli auguri piu' affettusosi che si fanno agli amici piu' cari", ha detto il presidente del Consiglio nel corso del collegamento telefonico da Arcore con la caserma della Guardia di finanza di Coppito. Il Cavaliere ha quindi elogiato gli abitanti della regione: "Gli abruzzesi sono tosti, generosi, orgogliosi, fieri e concreti. In questo abbiamo in comune la cultura del fare. Ed e' con questa cultura - ha proseguito - che siamo riusciti a superare anche il gossip e le campagne che ci hanno scatenato contro. Ma alla fine i risultati positivi non sono mancati: siamo riusciti a mantenere promesse cui nessuno credeva. In particolare la promessa di costruire subito delle case nuove, vere, confortevoli e non delle baraccopoli come successo in altri terremoti". Il premier ha elencato i risultati perseguiti in questi mesi: "Oggi tutte le tendopoli sono state chiuse e a tutti coloro che hanno perso la casa e' stata assicurata una abitazione sicura e confortevole. Mai nel Mondo - ha aggiunto - e' stato messo in campo un progetto simile". "Il prossimo passo che dovremo fare - ha proseguito - e' quello di mettersi al lavoro per la ricostruzione: un lavoro lungo, sul quale ci si dovra' impegnare sotto la guida del presidente della regione che sovraintendera' alla gestione di questa fase che io chiamerei fase post-emergenziale di ricostruzione". Il presidente del Consiglio ha terminato il suo intervento con un ringraziamento al capo della Protezione Civile, presente nella grande sala della caserma della Guardia di Finanza: "Credo di dover ringraziare a nome di tutti voi, ma anche del governo, Guido Bertolaso per la generosita' e il lavoro straordinario che ha compiuto in questi mesi". Frase che ha strappato gli applausi delle persone riunite a Coppito. Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e' intervenuto, stamane, in collegamento telefonico, alla trasmissione di Radiouno, "Radio anch'io", in diretta dalla caserma della Gdf di Coppito, all'Aquila, con la partecipazione del direttore dei Gr Rai, Antonio Preziosi. E' stato lo stesso Preziosi a chiamare Berlusconi ad Arcore.
L'OSSERVATORE ROMANO per l'articolo completo vai al sito internet http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/cultura/016q05b1.html2009-01-21 Fede e impegno politico Un dovere morale non può essere una cosa sporca di Michele Pennisi Vescovo di Piazza Armerina Presidente della Commissione storica per la causa di canonizzazione di don Luigi Sturzo Don Luigi Sturzo, nato all'indomani del Vaticano I e morto prima che fosse annunciato il Vaticano II, è un personaggio scomodo. All'inizio del processo di beatificazione qualcuno si chiese perfino come si potesse ardire di proporre, per gli onori degli altari, un prete che si è occupato di politica, ritenuta se non proprio "cosa sporca" certamente ambigua e ingombrante. Il paradosso di don Luigi Sturzo è proprio quello di essere un sacerdote testimone della carità pastorale nella politica. Per lui il messaggio cristiano comporta la salvezza non solo di tutti gli uomini, nei quali egli vedrà operante l'azione invisibile della grazia, ma anche di tutto l'uomo: anima e corpo. Il cristianesimo non può ridursi a una vaga elevazione alle cose dello spirito che serva a dare afflato mistico alla vita morale dell'individuo, né all'incerta scommessa su una vita ultraterrena che lasci immutata la vita temporale; ma è un messaggio di salvezza che influisce nella vita morale sia pubblica che privata e che riguarda l'uomo sia nella sua vita presente che in quella futura. Il riferimento costante alla croce di Cristo e alla dimensione escatologica del cristianesimo, servì a liberare Sturzo dalla volontà di affermazione e di successo a ogni costo e impedì che la sua "utopia politica" venisse presentata come la "panacea" di tutti i mali. Luigi Sturzo avvertì come sua missione quella di introdurre la carità nella vita pubblica nella convinzione che la carità cristiana non può ridursi solo alla beneficenza o all'assistenza, ma deve essere l'anima della riforma della moderna società democratica ove le persone sono chiamate a partecipare responsabilmente alla vita sociale per realizzare il bene comune. La carità cristiana, per Sturzo non può essere dissociata dalla ricerca della giustizia la quale è determinata dall'amore verso il prossimo, che a sua volta è generato dall'amore verso Dio. Da queste premesse egli concepirà la politica come dovere morale e atto d'amore. L'amore, considerato come il cemento che dà coesione e armonia alla vita sociale, non sopprime per Sturzo la dialettica politica, ma la corregge, la eleva e la perfeziona. Egli concepisce la sua attività sociale e politica come esigenza e manifestazione dell'amore cristiano strettamente collegato con la giustizia: non valore astratto, ma principio ispiratore dell'azione concreta. L'amore di Sturzo per i poveri non è un epidermico sentimento di filantropia, né è dettato da un superficiale sentimentalismo, ma è un fatto consapevolmente cristiano fondato sulla "fratellanza comune per la divina paternità". L'amore cristiano per Sturzo non è però dissociato dalla ricerca della giustizia. Il popolo ha diritto alla rivendicazione della giustizia attraverso l'organizzazione politica e la difesa giuridica dei suoi legittimi interessi violati. La funzione sociale del cristianesimo consiste, per il prete calatino, nel richiamare, sia i capitalisti che i lavoratori, al principio della giustizia e ai loro doveri morali per superare la logica, basata sulla sopraffazione del più forte, presente nella società moderna: "Invocar la religione è invocare la giustizia; e la giustizia è bilaterale. Il dovere delle classi borghesi e capitaliste è quello di venir in aiuto alle classi lavoratrici e di cessare lo sfruttamento individuale e sociale; il dovere delle classi lavoratrici è quello di osservare i giusti patti, di rispettare l'ordine sociale, di non violare l'altrui proprietà". Per Sturzo è impossibile rompere la spirale dell'odio e dell'egoismo e praticare una vera giustizia sia nei rapporti individuali che in quelli sociali, senza un profondo sentimento religioso che spinga all'amore del prossimo. "Predicare la giustizia e non destare vivo il sentimento della religione in tutte le classi è inutile, è tempo perso, è un'irrisione. "E non basta la giustizia; carità ci vuole, amore vicendevole, amore e non odio. La religione predica l'amore fra gli uomini, ma l'amore fra gli uomini è legge bilaterale, è l'unione dei fratelli, è il celebre non fare agli altri, quello che non vorresti che fosse fatto a te stesso". Egli quindi non solo non dissocia la carità dalla giustizia, ma collega queste due virtù. Per Sturzo la giustizia è precisata e determinata dall'amore verso il prossimo, che, a sua volta, è generato dall'amore verso Dio. Egli collega l'ordine naturale con quello soprannaturale e vede nella giustizia e nell'amore non degli ideali astratti ma dei valori che i cristiani, con l'aiuto e l'esempio di Cristo, hanno il compito di realizzare nella storia. Sturzo assegna alla Chiesa una missione universale di ordine soprannaturale che include anche la missione civile di farsi portatrice di un messaggio di riconciliazione nella giustizia e nell'amore, nell'intento di liberare dall'idolo dell'egoismo e dal mito della violenza sia gli oppressi come gli oppressori e a ristabilire i valori fondamentali della giustizia e dell'amore. In occasione degli scioperi del 1901 scrive a proposito dell'invito alla carità e alla giustizia rivolto dalla Chiesa alle parti in lotta: "Questa parola è ripetuta oggi con insistenza dalla Chiesa a tutti; essa no, non fa da carabiniere o da custode ai ricchi, perché potenti; né promuove le sommosse delle classi lavoratrici, perché oppresse; essa predica la giustizia e l'amore, perché queste due virtù sono il fondamento dell'ordine soprannaturale e naturale". Il compito di "informare" cristianamente la vita sociale e politica, per Sturzo, appartiene soprattutto ai laici cristiani che, attraverso il proprio impegno vissuto attuano gli insegnamenti sociali della Chiesa, elaborando una sintesi creativa fra fede e storia, che trova il suo fulcro nell'amore naturale vivificato dalla grazia divina. In un articolo del 1925, in polemica con quanti sostenevano un "dualismo fra etica e politica, tra Vangelo e società umana" e limitavano la "legge dell'amore" alla vita privata, scrive: "La politica è per sé un bene: il far politica è, in genere, un atto di amore per la collettività; tante volte può essere anche un dovere per il cittadino. "Il fare una buona o cattiva politica, dal punto di vista soggettivo di colui che la fa, dipende dalla rettitudine dell'intenzione, dalla bontà dei fini da raggiungere e dai mezzi onesti che si impiegano all'uopo. "Il successo e il vantaggio reale possono anche mancare, ma la sostanza etica della bontà di una tale politica rimane. "Così ragionano i cristiani di ogni tempo e di ogni paese. E con questo spirito, l'amore del prossimo in politica deve stare di casa, e non deve essere escluso come un estraneo: né mandato via facendolo saltare dalla finestra, come un intruso. "E l'amore del prossimo non consiste nelle parole, né nelle moine: ma nelle opere e nella verità". Sturzo che aveva invitato a iniziare "la crociata dell'amore nella politica", rispondendo poi all'obiezione che l'introduzione dell'amore cristiano avrebbe dovuto sopprimere la dialettica della vita politica, scriveva: "Qualcuno sorriderà a queste parole, pensando che anch'io sono un uomo politico; e crederà che l'amore cristiano dovrebbe far cadere i partiti politici. Ma i partiti politici rimangono, quando sono prodotti di idee, di tendenze, di correnti e di interessi. Forse l'amore fraterno sopprime le giuste accuse avanti ai tribunali, ovvero le controversie scientifiche, o le discussioni perfino nei concili dei vescovi? "Il cristianesimo non sopprime la vita; la corregge, la eleva, la perfeziona. Si può essere di partito diverso, di diverso sentire, anche sostenere le proprie tesi sul terreno politico o economico, e pure "amarsi cristianamente". Perché l'amore è anzitutto "giustizia" ed "equità", è anche "eguaglianza", è anche "libertà", è "rispetto" degli altrui diritti, è esercizio del proprio "dovere", è "tolleranza", è "sacrificio"". Così Sturzo scrive in un articolo del 1942 che s'intitola: "È la politica cosa sporca?" "La politica non è una cosa sporca. Pio XI, parlando dieci anni fa a dei giovani belgi, la definì "un atto di carità del prossimo". Infatti lavorare al bene di un Paese, o di una provincia, o di una città, o di un partito, o di una classe (secondo il rango politico che uno assume) è fare del bene al prossimo riunito in uno Stato, o città, o provincia, o classe, o partito. Tutto sta nel modo di lavorare, nello scopo e nei mezzi. In ogni nostra attività noi incontriamo il prossimo: chi mai può vivere isolato? E i nostri rapporti con il prossimo sono di giustizia e di carità. La politica è carità". Luigi Sturzo concepì la sua attività sociale e politica come esigenza e manifestazione dell'amore cristiano strettamente collegato con la giustizia, considerato non come un valore astratto, ma come il principio ispiratore dell'azione concreta. A proposito della militanza dei cattolici nella vita politica don Sturzo non elabora teorie astratte e valide per tutti i tempi e in tutti i luoghi, ma storicizza il problema dell'appartenenza dei cristiani nei vari partiti in riferimento alle varie e mutevoli situazioni concrete. Egli constata che nei regimi costituzionali si sono percorse tre vie: o quella di costituire un partito di ispirazione cristiana separato dall'Azione Cattolica e indipendente dall'episcopato, come in Belgio, in Olanda e in Italia; o quello di entrare nei partiti legali continuando ad avere gruppi di animazione cristiana all'interno dei vari partiti, come per esempio in Francia; o quello di aderire indifferentemente ai vari schieramenti politici caratterizzati non su basi ideologiche ma su impostazioni pragmatiche, come negli Stati Uniti e in Inghilterra. Sturzo, con molto realismo, vede anche i rischi che i cattolici possono correre nelle varie circostanze storiche. A proposito di quelli che si inseriscono in partiti cosiddetti "laici" egli scrive: "La mia esperienza mi ha sempre provato che i cattolici che entrano in partiti strettamente politici, non solo perdono il senso dell'apostolato sociale che si trova nei partiti di ispirazione cristiana, ma si attaccano troppo agli aspetti materiali e utilitari della politica (...) questi cattolici diventano spesso una minoranza isolata e senza influenza in mezzo a una maggioranza troppo materialista e realista". Don Luigi Sturzo vede però anche i rischi che possono correre i cattolici militanti nei partiti di ispirazione cristiana: "I partiti di ispirazione cristiana, come gli altri, anche se sono costituiti con un nobile programma e con la volontà di servire il loro Paese, corrono il rischio di diventare una camarilla e di ispirarsi a poco a poco a uno spirito partigiano né più né meno di qualunque altro gruppo umano". Egli aggiunge: "Bisogna uscirne appena ci si accorge di esserne prigionieri, bisogna che i cattolici mettano gli interessi della nazione al di sopra di quelli del partito". Il contesto attuale - anche in Italia - è molto diverso da quello descritto da Sturzo. In molti tende a prevalere sull'impegno politico come luogo di "apostolato sociale" una impostazione pragmatica e utilitaristica che spesso rischia di censurare i valori fondamentali derivanti dalla presenza dell'esperienza cristiana in campo culturale, sociale e civile o in uno sterile moralismo, che considerando la politica "cosa sporca" si rifugia in una malintesa "scelta religiosa" o al massimo in un impegno sociale di corto respiro in quanto staccato da un progetto politico e culturale di alto profilo. Il rischio è che i cattolici si disperdano in una frammentazione che travolge assieme all'unità partitica, anche quella culturale ed ecclesiale, col risultato di farli sparire come soggetto sociale. A proposito dell'unità politica dei cattolici sembra interessante l'insegnamento, derivato dalla lunga esperienza di don Luigi Sturzo. Egli pur riconoscendo come, in casi eccezionali - nei quali siano in gioco fondamentali valori religiosi e civili - sia necessaria l'unità organizzativa dei cattolici, non pensa che questa debba essere la soluzione normale, anche perché c'è il rischio che l'intenzione di realizzare una unità politica dei cattolici possa mettere a repentaglio l'unità religiosa e la collaborazione pastorale nell'azione propria della Chiesa, molto più importante della prima. Del rapporto fra morale e politica Sturzo tratta in tutti i suoi scritti a partire dai primi articoli che il giovane sacerdote pubblicava sul giornaletto da lui fondato a Caltagirone "La croce di Costantino". Una trattazione più specifica di questo tema la affronta in sue due opere teoretiche: Politica e Morale del 1938 e Coscienza e Politica del 1953. Sia la moralità come la politica per Sturzo rientrano nella sfera della coscienza intesa come atto che unisce la conoscenza razionale con l'azione libera. Don Luigi afferma l'assolutezza dei valori morali, ma insiste anche sulla impoliticità della immoralità politica. Per lui l'economia e la politica, senza morale, sono sempre antieconomiche e impolitiche. Sia la politica che l'economia sono intrinsecamente sociali, perciò razionali e morali. Il fine della politica consiste nel bene comune che per essere a vantaggio di tutti non può prescindere dal bene morale. Per Sturzo quindi non esiste il dilemma fra l'utile e il bene perché quando l'utile è veramente l'utile di tutti esso coincide con il bene comune. Per il sacerdote calatino la moralità presuppone la maturazione di una coscienza che deve essere educata, illuminata, formata dalla riflessione razionale in un clima di libertà per discernere con convinzione e con sicurezza il bene dal male. Nella necessaria socialità dell'etica umana e nella necessaria eticità della civiltà si inserisce il ruolo della religione in generale e del cristianesimo in particolare. I principali punti cardini dell'antropologia sociale sturziana sono il primato della persona sulla società, della società sullo Stato e della morale sulla politica; la centralità della famiglia; la difesa della proprietà con la sua funzione sociale come esigenza di libertà; l'importanza del lavoro come diritto e dovere di ogni uomo; la costruzione di una pace giusta attraverso la creazione di una vera comunità internazionale. Questi valori si basano sul presupposto che il cristianesimo è un messaggio di salvezza che si incarna nella storia, si rivolge a tutto l'uomo, influisce positivamente sulla vita morale sia privata che pubblica. Nella concezione cristiana vanno coniugati insieme autorità e libertà, giustizia e carità, anzi la carità diviene il cardine della vita morale e quindi anche della vita politica. Una impostazione corretta dell'impegno politico esige non la conflittualità, ma l'armonia fra politica e morale, che garantisce una società ordinata e una democrazia autentica. Don Luigi Sturzo non si fermò a denunce generiche e astratte, ma intervenne spesso e puntualmente in alcuni nodi cruciali della storia italiana con analisi spietate, non prive di attualità. Egli denunciò in modo particolare quelle che chiamò le tre male bestie della democrazia: lo statalismo, la partitocrazia, l'abuso del denaro pubblico. In un articolo del 1958 parla di "mani pulite" e scrive: "Pulizia! Pulizia morale, politica e amministrativa - solo così potranno i partiti presentarsi agli elettori in modo degno per ottenere i voti; non mai facendo valere i favori fatti a categorie e a gruppi; non mai con promesse personali di posti e promozioni; ma solo in nome degli interessi della comunità nazionale, del popolo italiano, della Patria infine - perché la moralizzazione della vita pubblica è il miglior servizio che si possa fare alla Patria nostra" (gennaio 1958). Don Luigi Sturzo in appendice all'opera Coscienza e politica afferma che la politica è un'arte che riescono a esercitare solo poco artisti, mentre altri si accontentano di esserne artigiani e molti si riducono a essere mestieranti della politica. Egli da politico vero, anche se scomodo, non manca di dare anche dei suggerimenti di natura pratica a chi vuole apprenderne l'arte ed evitarne il mestiere. Il perseguimento del bene pubblico non può essere separato dalle virtù individuali. Tra le virtù dei politici egli cita la franchezza; la sincerità; la fermezza nel sapere dire anche "no"; l'umiltà da cui scaturisce il senso del limite; il non attaccamento al denaro e alla fama; la competenza; la progettualità politica; la capacità di programmazione nel discernere i tempi politici - quelli parlamentari, quelli burocratici e quelli tecnici. La moralizzazione della vita pubblica è legata per Sturzo soprattutto a una concezione religiosa della vita dalla quale deriva il senso della responsabilità morale e della solidarietà sociale. L'amore considerato come il cemento che dà coesione e armonia alla vita sociale - non sopprime la dialettica politica, ma la corregge, la eleva e la perfeziona - sarà il motivo ispiratore dell'attività e del pensiero di Luigi Sturzo, che cercò di realizzare una "ortoprassi" cristiana della politica, basata su un corretto rapporto fra etica e vita teologale. (©L'Osservatore Romano 21 gennaio 2009)
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CORRIERE della SERA
per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.corriere.it2009-12-27 La formula E "rilancia" il partito dell' amore: vincerà ROMA - (p.d.c.) Il copyright non è suo. Perché il "partito dell' amore" del quale Silvio Berlusconi parla ormai da qualche giorno come del luogo politico di appartenenza di chi "vuole il bene e non odia gli avversari", esiste già. O meglio, esisteva, essendo stato fondato nel 1991 dal manager delle pornostar per eccellenza, Riccardo Schicchi, con testimonial e candidate del calibro di Ilona Staller e Moana Pozzi. Che il premier non lo sappia è pressoché impossibile, e che ignori lo spirito di quella formazione libertaria e anticonformista è altrettanto improbabile. Ma la formula sembra piacergli moltissimo, tanto da averla "scippata" in una sorta di ruba-bandiera della politica proprio a uno dei suoi più acerrimi avversari: quel Marco Travaglio che proprio di "partito dell' amore" aveva parlato a proposito di un Pdl segnato nei mesi scorsi, da candidate-veline, ospiti disinvolte di Villa La Certosa, escort di professione in missione a palazzo Grazioli. Ed ecco che, come spesso accade, il premier rovescia il tavolo e rivendica come un merito quello che nasce come una accusa: l' amore appunto, che si sgancia dal sesso e diventa efficace slogan per il consenso politico. Chissà come l' avrebbe presa Peynet... RIPRODUZIONE RISERVATA Di Caro Paola Pagina 8 (27 dicembre 2009) - Corriere della Sera
27/12/2009 Melassa Scritto da: G.Fregonara e M.T.Meli alle 16:50 Silvio Berlusconi (nella foto Ansa) scippa l'idea del Partito dell'Amore a Cicciolina e Moana. Il premier non esclude addirittura l'ipotesi di cambiar nome al Pdl. In un empito d'entusiasmo Pier Luigi Bersani lo segue. Lui non può cambiare nome al Pd, perchè non è cosa sua, ma in compenso può tubare al telefono con il Cavaliere.
berldj.jpg Smentite ufficiali a parte (che, come è noto, valgono quel che valgono), c'è una corrispondenza d'amorosi sensi tra l'inquilino di Palazzo Chigi e il segretario del Pd. Niente più odio, vendette, insulti e demonizzazioni, promettono i due. Ma è mai possibile? Sorge, legittimo, il sospetto che si tratti del solito gioco del cerino. Sorge, legittimo, il sospetto, che anche a quel gioco il Cavaliere alla fine riesca a "fregare" i dirigenti del Pd.
2009-12-24 In mattinata l'intervento a "Radio Anch'io": "Basta con odio e disfattisti" Berlusconi: "Dopo Piazza Duomo clima cambiato, ora c'è più amore" Telefonata a L'Aquila: "Maggioranza italiani si è iscritta a quello che qualcuno ha chiamato partito dell'amore". E sull'economia: "Basta con le fabbriche del disfattismo" * NOTIZIE CORRELATE * Tremonti: "L'Italia ha tenuto e terrà" (23 dicembre 2009) Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi (Ansa) Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi (Ansa) L'AQUILA - "Dopo quanto accaduto in Piazza del Duomo il clima politico sembra cambiato, e cambiato in meglio: si è certamente rasserenato e la stragrande maggioranza degli italiani si è iscritta a quello che qualcuno ha chiamato ironicamente partito dell'amore". Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi nel corso di un collegamento telefonico con la caserma della Guardia di finanza di Coppito, a L'Aquila, dove la protezione civile ha organizzato una cena di Natale per circa 600 persone, molte delle quali ospitate nella ex sede del G8 a seguito del terremonto del 6 aprile scorso. GOVERNO HA OPERATO BENE - "Devo dire che ho ricevuto tantissimi messaggi di affetto ed ho espresso un messaggio di ringraziamento per dire, ed è una mia convinzione, che l'amore vince sempre sull'invidia e sull'odio", ha ricordato il premier. "E qui in Abruzzo - ha sottolineato - abbiamo avuto prova di questo perchè c'è stata una grande prova d'amore. Penso ai soccorritori, che sono 15mila tra volontari, vigili del fuoco, forze armate, forze dell'ordine, Croce Rossa, protezione civile. E penso che questa sia una vittoria della positività, del buon senso, della voglia di fare, della concretezza rispetto a tutto ciò che invece c'è di negativo. Credo che praticando questa filosofia e avendo nel cuore questo concetto noi possiamo veramente fare delle cose importantissime e dobbiamo trasferire questo messaggio agli italiani per il nuovo anno: è un messaggio di fiducia e di ottimismo, cioè quello di essere sereni, sicuri, di avere la calma dei forti, di essere fiduciosi, come siete stati voi in un momento difficilissimo che avete vissuto. Credo anche - ha aggiunto - che dia fiducia sapere che c'è un governo che ha operato bene in una circostanza difficile e che continuerà a farlo nell'interesse di tutti: delle famiglie, delle imprese, dell'Italia e direi nell'interesse di una maggiore civiltà, di un maggiore benessere e di una maggiore libertà per tutti noi". GOSSIP E CAMPAGNE CONTRO - Grazie alla nostra "cultura del fare, siamo riusciti a superare anche il gossip e le campagne che ci hanno scatenato contro", ha detto ancora Berlusconi al telefono con la caserma della Finanza di Coppito. Per poi annunciare agli "amici abruzzesi" che "anche le imposte sono state rinviate: faremo un'ordinanza della Protezione Civile ma è come se fosse già stata emessa come avevamo promesso". Berlusconi ha detto di sentirsi "un po’ abruzzese" e ha sottolineato come dopo l'emergenza si debba ora affrontare e superare la fase "difficile" della ricostruzione. "Avevo programmato da tempo di esserci, invece i medici mi hanno ordinato di non uscire ancora da casa. Gli abruzzesi sono tosti, generosi, orgogliosi, fieri e concreti. In questo abbiamo in comune la cultura del fare. Ed è con questa cultura - ha proseguito – che siamo riusciti a superare anche il gossip e le campagne che ci hanno scatenato contro. Ma alla fine i risultati positivi non sono mancati: siamo riusciti a mantenere promesse cui nessuno credeva. In particolare la promessa di costruire subito delle case nuove, vere, confortevoli e non delle baraccopoli come successo in altri terremoti". ALLA RADIO- In mattinata il premier era intervenuto a sorpresa, sempre in collegamento telefonico, alla trasmissione di Radio Uno "Radio Anch'io": "La mafia è un fenomeno patologico che noi vogliamo sconfiggere definitivamente negli anni che restano di questa legislatura". Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi nel corso di un collegamento telefonico da Arcore con "Radio Anch'io", su Radiouno. "Vorrei far notare - ha detto il permier - che, nonostante le accuse che sono state rivolte soprattutto al presidente del Consiglio, nessun governo mai nella storia della Repubblica ha agito con così tanta determinazione e efficacia nella lotta alle organizzazioni criminali". VERSO LA RIPRESA - Berlusconi ha poi parlato di economia. "La ripresa ci sarà - ha assicurato - perchè tutti gli indicatori vanno in questa direzione. Mi aspetto che tutti reagiscano positivamente con fiducia ed ottimismo, perchè senza ottimismo non si va da nessuna da parte. Mi auguro che tutte le fabbriche del disfattismo e del pessimismo la smettano di produrre un'atmosfera che non è solo di odio e di violenza nella politica ma è anche negativa sul piano del consumo e degli investimenti". Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi intervenendo telefonicamente alla trasmissione "Radio anch'io". "SERVE OTTIMISMO" - "Tutti dovremmo metterci in testa - ha aggiunto Berlusconi - che per uscire dalla crisi bisogna avere fiducia in noi e guardare con ottimismo al futuro. Solo un esempio: tutte le categorie, che non hanno nulla da temere dalla crisi perchè sono garantite, come i dipendenti pubblici, che possono usufruire di un maggiore potere d'acquisto, dovrebbero decidere di non cambiare il loro stile di vita e i loro consumi. Invece insistere sempre su questa crisi e creare paura in tutti alla fine produce un meccanismo che si autoavvera. Dobbiamo - ha concluso Berlusconi - tenere presente questo e cercare tutti insieme di uscire prima degli altri da questa crisi di cui non abbiamo nessuna colpa". L'ASSALTO ALLA DILIGENZA - Berlusconi ha poi parlato della Finanziaria, riprendendo alcuni dei temi già sollevati dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Il governo, ha spiegato, ha varato una Finanziaria da 9 miliardi di euro "senza mettere le mani nelle tasche dei cittadini" e questo è "un grande merito". Il premier ha poi rivendicato il merito di non avere consentito "l’attacco alla diligenza, con tutti i parlamentari che cercavano di portare a casa qualcosa per le loro clientele". 24 dicembre 2009(ultima modifica: 26 dicembre 2009)
IL GIORNALE.IT per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.ilgiornale.it/interni/partito_dellamore_franceschini__scende_guerra/28-12-2009/articolo-id=409707-page=0-comments=1Partito dell’amore Franceschini scende in guerra di Redazione Silvio Berlusconi lancia il Partito dell’amore e loro, i "democratici", annunciano guerra. Con il duplice obiettivo di ostacolare il premier nel cammino delle riforme e di disarcionare il loro stesso segretario, Pier Luigi Bersani, che ha aperto al dialogo. Il primo a indossare l’elmetto è stato Dario Franceschini, l’ex leader pro tempore del partito, che, lungi dall’essersi rassegnato alla sconfitta, dimentica il suo passato di ex dc moderato e insegue Antonio Di Pietro sulla linea dura: "La durezza dello scontro politico è sintomo di una democrazia sana". Ma nella trincea del Pd ci sono anche Walter Veltroni, Rosy Bindi e Ignazio Marino, che chiudono le porte al confronto, denunciano l’"inciucio" e dichiarano guerra all’ala dialogante che nel partito fa capo a Bersani e a Massimo D’Alema. A dettare la linea sempre lui, il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, che alza i toni accostando il Partito dell’amore a un rischio di "stupro".
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REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.repubblica.it2010-01-07 Il "partito dell’amore" tra Orwell e Ceaucescu di Paolo Flores d’Arcais, da "Il Fatto Quotidiano", 2 gennaio http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-partito-dellamore-tra-orwell-e-ceaucescu/Quella del "Partito dell’amore" è una trovatina che farebbe acqua perfino nella più insulsa comicità da oratorio o nel più triviale umorismo da Bagaglino. Da scompisciarsi per la vergogna, insomma. Se i media la prendono per buona è solo in virtù (cioè in vizio) di un controllo ormai orwelliano – alla lettera – esercitato dal regime sui canali televisivi. Al punto che Berlusconi, vittima del dissennato lancio di souvenir da parte di uno psicolabile, pretende oramai alla santificazione, nemmeno avesse ricevuto le stigmate. A quando il moltiplicarsi delle reliquie, le boccette di terra di Arcore, le spine di cactus di Villa Certosa, i preservativi di Palazzo Grazioli? La vendita delle indulgenze è invece fiorente da tempo. Siamo alla pretesa di un culto della personalità rivoltante, in perfetto stile Ceausescu. Del resto, la definizione di Berlusconi come un "Ceausescu buono" è del suo fedelissimo Confalonieri, che lo conosce da una vita e sa quel che dice. E che per correggere l’incresciosa definizione ha spiegato che voleva intendere uno "tipo il Re Sole"! Se questo è Berlusconi, uno che si crede il Re Sole, perché nella prossima riforma istituzionale bipartisan, non si stabilisce che l’inquilino di Palazzo Chigi venga sorteggiato fra quanti, scolapasta in testa o meno, credono di essere Napoleone? C’è poco da scherzare, infatti. Siamo al delirio quotidiano, reso possibile da una menzogna mediatica talmente onnipervasiva che ha trasformato in realtà l’incubo orwelliano della neolingua, nella quale le parole "significavano quasi esattamente l’opposto di quel che parevano in un primo momento" – il mafioso diventa eroe, l’odio amore, la latitanza esilio – ma il cui fine "non era soltanto fornire un mezzo di espressione alla concezione del mondo del Regime, ma soprattutto rendere impossibile ogni altra forma di pensiero". Ci siamo già dentro, se i Galli della Loggia, Panebianco e altri Ostellino insistono dal pulpito sempre più teocon del Corriere della Sera a farfugliare la leggenda nera delle colpe della sinistra, ostaggio dei "cattivi" (Travaglio, Di Pietro, Santoro. E i magistrati che non guardano in faccia a nessuno, naturalmente) perché non ancora sufficientemente conquistata all’amoroso arrembaggio bipartisan contro la Costituzione repubblicana. Proviamo perciò ad uscire dall’incantesimo totalitario della neolingua ("altre parole erano ambivalenti e avevano significato positivo se applicate al Partito e ai suoi membri e negativo se applicate ai loro nemici"). In buon italiano le cose stanno così: lasciati definitivamente alle spalle gli anni di piombo – Brigate rosse e stragi di Stato – nella politica del nostro Paese l’odio era per fortuna e da tempo solo un ricordo. I politici godevano di un crescente disprezzo, a dire il vero meritatissimo, ma nulla di più. È stato Berlusconi, solo ed esclusivamente Berlusconi, con i suoi alleati e signorsì mediatici, a reintrodurre nella vita pubblica questo sentimento. E nel momento di più autentica pacificazione, gli esordi di Mani Pulite, quando ogni sondaggio raccontava l’afflato quasi unanime del Paese intorno ai magistrati del pool di Borrelli, che applicavano senza sconti la stella polare di ogni liberaldemocrazia, la legge eguale per tutti. In quel corale anelito del Paese per fare pulizia di corruzione e altra criminalità politica, se vi fu qualche voce stonata, inclinante all’odio, non fu certo il tintinnar di monetine di fronte all’hotel Raphael, innocua manifestazione di disprezzo per il partitocrate Craxi, ma il cappio sventolato in parlamento da quelli che col tempo sono diventati alleati "perinde ac cadaver" del berlusconiano "Partito dell’amore", attraverso una sequenza di amorevolezze in dolce stilnovo, pulirsi il culo col tricolore e far pisciare maiali su terreni destinati a luogo di culto religioso. È Berlusconi e solo Berlusconi, con i suoi alleati e signorsì mediatici, ad aver di nuovo trasformato in nemici gli avversari politici. E, prima ancora, i più onesti servitori dello Stato, i magistrati integerrimi che non si facevano piegare né da minacce né da lusinghe (e magari scoprivano e dunque incriminavano i loro colleghi corrotti proprio dalle aziende di Berlusconi). È questo mondo che ha inveito al grido di "killer", dai pollici catodici del santificando di Arcore, contro magistrati che nella lotta alla mafia rischiavano ogni giorno la vita. Mentre ad Arcore, non ancora Unto del Signore, il signore della menzogna televisiva aveva già tenuto come commensale uno stalliere poco aduso ai cavalli, Attilio Mangano, che finirà i suoi giorni all’ergastolo per mafia. A meno che i "cavalli" di Mangano non fossero le partite di droga, come sostenuto da Borsellino nella sua ultima intervista, in cui fa anche i nomi di Dell’Utri e Berlusconi. È Berlusconi che ha radunato la piazza intorno a una gigantesca bara che auspicava la morte di un imbelle Prodi. Inutile continuare: grazie a Travaglio e Gomez i lettori di questo giornale hanno trovato un elenco assai ampio – e tuttavia niente affatto esaustivo – delle sistematiche manifestazioni di odio con cui Berlusconi ha imbarbarito lo scontro politico. Nulla di tutto ciò sanno invece quanti traggono l’informazione esclusivamente dai telegiornali, circa nove italiani su dieci. Ed è allucinante che nel maggiore (speriamo ancora per poco) partito di "opposizione" si continuino a considerare democratiche delle competizioni elettorali che si svolgono dentro questo incubo orwelliano, trasformato in realtà anche per la loro acquiescenza. Del resto, è il mondo berlusconiano che ha cancellato dalla scena pubblica (che oggi quasi coincide con quella televisiva) ogni residuo di argomentazione razionale, addestrando allo squadrismo dell’interruzione e del "man-darla in vacca" manipoli di cloni della menzogna über alles ("al membro del partito" si richiede la capacità di "esprimere opinioni corrette in modo automatico, come un fucile mitragliatore una scarica di pallottole… Si sperava, da ultimo, di far articolare il discorso nella stessa laringe, senza che si dovessero chiamare in causa i centri del cervello"). Questo odio si è fatto programma, reso esplicito di fronte ai parlamentari europei del Partito popolare (l’internazionale Dc, per capirsi): violentare la Costituzione repubblicana fino a sfigurarla, col vetriolo che costringa la "balance des pouvoirs" di magistrati e giornalismo al bacio della pantofola verso un governo "legibus solutus". Il totalitarismo mediatico della menzogna onnipervasiva per tornare indietro di oltre tre secoli, prima di Jefferson e Montesquieu, in una parodia degradante e vomitevole della corte di Versailles. L’odio berlusconiano contro la Costituzione – fondamento della nostra convivenza civile, che nasce dalla Resistenza, "questo patto/giurato fra uomini liberi/che volontari si adunarono/per dignità e non per odio" immortalato da Piero Calamandrei – è talmente attivo che ha costretto un cautissimo Presidente della Repubblica a denunciare il "violento attacco contro le fondamentali istituzioni di garanzia" perpetrato da Berlusconi, e un ondivago Fini a intimare "chiarimenti" (ma prendersi in risposta lo sputo di un "basta ipocrisie", e rientrare nei ranghi). È dunque da quella solenne – e colpevolmente rimossa – denuncia di Napolitano che l’Italia non ancora mitridatizzata nel gorgo orwelliano del totalitarismo televisivo deve ripartire (e il suo Presidente per primo): fermare l’odio significa infatti fermare questa violenza contro la Costituzione, le leggi ad personam e altri "vulnera", non firmarle, e prima ancora non votarle. (4 gennaio 2009)
IL COMMENTO Qualche domanda sul partito dell'amore di EUGENIO SCALFARI IL TERRIBILE 2009 che stiamo per lasciarci alle spalle sembra aver toccato il fondo; nel 2010 si annuncia la ripresa, ma che genere di ripresa? Sperare che sia rapida e robusta è legittimo e può essere un'aspettativa positiva, ma le previsioni generali sono poco incoraggianti: sarà una ripresa lenta e stentata in Europa e negli Stati Uniti, più dinamica per la Cina, l'India e gli altri Paesi emergenti. Il divario tra queste due aree del mondo aumenterà e con esso le tensioni economiche e anche politiche. Se ne è avuto un primo anticipo nell'incontro-scontro di Copenaghen sul clima: contrariamente a quanto si riteneva il cosiddetto G2, cioè l'accordo di Usa e Cina a procedere di comune accordo nel governo del pianeta, non ha funzionato. Quell'accordo non c'è. La Cina è decisa a procedere sulla via della modernizzazione con criteri propri e senza nulla sacrificare alla solidarietà internazionale come avrebbe desiderato l'America. Sul piano monetario, finanziario e commerciale proseguirà nel protezionismo, non rivaluterà la sua moneta rispetto al dollaro, continuerà a far provvista di materie prime facendone aumentare i prezzi, non limiterà l'inquinamento dell'atmosfera. Questi obiettivi saranno rinviati di almeno dieci anni, quando il divario economico ma anche strategico e militare sarà ulteriormente ridotto. Soltanto allora Pechino prenderà in considerazione un nuovo equilibrio con gli Usa per un governo paritario del resto del mondo che non potrà non tener conto di altre importanti presenze emergenti: India, Brasile, Sudafrica, Messico. Ed anche Europa, se il nostro continente saprà parlare con una sola voce; e fin d'ora è già chiaro che quella voce parlerà in tedesco più che in francese e inglese. Nel frattempo la ripresa occidentale sarà lenta. Non priva di rischi di ricaduta. Mario Draghi colloca questo rischio tra un paio d'anni, quando i titoli emessi dai grandi gruppi industriali e bancari per cifre molto elevate saranno in scadenza e dovranno esser rinnovati e quando i governi più indebitati - a cominciare dagli Stati Uniti - dovranno trovare equilibri finanziari più sostenibili. L'insieme di questi problemi comporterà tagli di spesa e/o aumento di imposte, cioè politiche economiche restrittive e comunque non espansive. Ma ci sono anche altri elementi che non favoriscono una ripresa rapida e robusta. Li segnala Romano Prodi in un articolo pubblicato sul Messaggero e il direttore dell'Economist, John Micklethwait: per alcuni anni il mercato del lavoro sarà stagnante, il livello dell'occupazione insoddisfacente, le imprese aumenteranno la produttività ma diffonderanno meno benessere sociale. Scrive Prodi: "Il numero dei disoccupati è aumentato dovunque superando i massimi livelli raggiunti nello scorso decennio. Spesso gli imprenditori approfittano della situazione di crisi per procedere alla razionalizzazione dell'organizzazione aziendale aumentando la produttività a scapito dell'occupazione. Ma vi è un altro elemento da tener presente e cioè i deficit dei bilanci pubblici che si sono accumulati sia in Usa sia in Europa. L'esigenza di tornare alla normalità si impone a tutti. Il debito cumulato dai Paesi dell'Ocse sorpasserà nel 2010 il 100 per cento del Pil. Questo significherà che il motore della finanza pubblica, che è stato così largamente usato per frenare la caduta dell'economia, potrà essere solo marginalmente utilizzato per accelerare la ripresa". Questa è dunque la situazione. Bisognerebbe aprire una buona volta un pubblico dibattito nel nostro Parlamento per fotografarla ed elaborare una terapia, ma, come da tempo lamenta l'opposizione, non c'è alcun segnale in questa direzione. Per il nostro governo evidentemente il problema non esiste. * * * Molte altre cose non esistono per il governo, per la maggioranza che lo sostiene e per il premier che dirige l'una e l'altro e questo è un altro elemento di rischio non certo fugato dal "partito dell'amore", la più recente invenzione di Silvio Berlusconi. L'amore e la ricerca del dialogo sono la conseguenza del deplorevole e inconsulto gesto dello psicolabile Tartaglia, tuttora ristretto a San Vittore per legittima prevenzione contro altri atti inconsulti che potrebbe commettere. Dal male può uscire un bene, ripetono i salmodianti esponenti del partito dell'amore, Schifani e Bondi in testa, invocando un rapido inizio della stagione delle riforme condivise e sollecitando Bersani a dar prova concreta delle sue intenzioni in proposito. Ma Bersani ha già risposto: vuole anzitutto discutere della situazione economica e della terapia (condivisa?) da adottare. Sulle riforme istituzionali e costituzionali vuole sapere qual è la linea del governo ed ha ribadito come premessa che il Pd voterà contro leggi "ad personam" per quanto riguarda la processabilità di Silvio Berlusconi. Molti nella maggioranza si rifanno alla "bozza Violante" per quanto riguarda le riforme istituzionali usandola come una sorta di scaramanzia, un portafortuna che dovrebbe rassicurare Bersani a romper gli indugi e venire "a patti col diavolo" come direbbe Di Pietro, fermo nella sua decisione dissennata di anteporre l'interesse della sua ditta a quelli di un'opposizione seria e impegnata a tutelare gli interessi del Paese. Ma sulla "bozza Violante" bisogna esser chiari. Si tratta d'un documento attuale ancorché stilato diversi anni fa. Parla di diminuire il numero dei parlamentari, di un diverso ruolo del Senato e di altre modernizzazioni istituzionali concernenti i poteri della Presidenza del Consiglio. Sono questioni importanti e non dovrebbe esser difficile raggiungere su di esse un'intesa tra maggioranza e opposizione. Ma la "bozza Violante" non fa menzione o la fa in modo vago del rafforzamento dei contropoteri necessario per procedere alle auspicabili modernizzazioni. Non ne fa menzione perché quando Violante stilò quel documento, Berlusconi non aveva ancora manifestato la sua visione sul cambiamento della Costituzione. Quel documento oggi risulta gravemente manchevole non già per imperizia del suo estensore ma perché le condizioni del confronto- scontro sono radicalmente cambiate. E' perciò del tutto inutile salmodiare sulla necessità delle riforme condivise se prima il premier e i suoi salmodianti non avranno tolto di mezzo la pretesa di cambiare la Costituzione dando all'Esecutivo un potere sovraordinato sia sul legislativo sia sul giudiziario sia sugli organi di suprema garanzia a cominciare dal Capo dello Stato e dalla Corte costituzionale e - per quanto riguarda quest'ultima - ritirando il disegno di modificare le modalità di elezione dei suoi membri. In sostanza le riforme non saranno praticabili fino a quando il premier e la sua maggioranza non torneranno sui loro propositi di alterare la Costituzione in senso autoritario. Il partito dell'amore propugna un sentimento che merita di essere incoraggiato purché non sia una maschera che nasconde un tentativo di stupro. Nel qual caso si tratterebbe - allora sì - d'un inciucio col diavolo che il Partito democratico dovrebbe denunciare e contrastare con fermissima decisione, come certamente farà. Post scriptum. Anche il Papa è stato oggetto di ruvida attenzione da parte di una ragazza venticinquenne che l'ha trascinato a terra scatenando un parapiglia sotto le volte di San Pietro con la conseguenza di far cadere anche il cardinale Etchegaray che si è rotto il femore e dovrà essere operato. La caduta a terra del Papa e del cardinale hanno fatto il giro del mondo, né più né meno del ferimento di Berlusconi, ed è naturale che sia così. Si tratta di due incidenti analoghi con una differenza: il Papa è per definizione il capo del partito dell'amore e quindi non ha bisogno di fondarlo perché ci pensò Gesù di Nazareth duemila anni fa. Il compito di Berlusconi è dunque molto più arduo, ma proprio per questo ancor più affascinante. Del resto in una sua recentissima affermazione si è paragonato a Gesù Cristo per il ferimento a suo danno. Siamo dunque sulla buona strada... © Riproduzione riservata (27 dicembre 2009)
BERLUSCONI: NOI PARTITO DELL'AMORE? E' PROPRIO COSI' "Mettiamoci insieme, tutti noi, persone di buona volonta', che credono nell'amore e che credono che l'amore possa vincere l'invidia e l'odio. I nostri avversari hanno ironizzato, dicendo che noi stiamo quasi dando vita ad un partito dell'amore. Lo dico senza ironia: e' proprio cosi'". Lo afferma il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nella sua telefonata alla Comunita' Incontro di Don Gelmini. (26 dicembre 2009)
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Il 'diavolo' e il Partito dell'amore Duomo di Milano e San Pietro, si incrociano strade Berlusconi-Papa 26 dicembre, 18:57 di Giuliana Palieri ROMA - Un Natale carico di 'simboli' quello appena trascorso per il mondo politico che ha visto incrociarsi le strade del premier, Silvio Berlusconi, e di Papa Benedetto XVI, uniti dalle due incredibili aggressioni, rispettivamente del 13 dicembre e della notte della vigilia nella Basilica di San Pietro. A lasciare il segno, in questo ultimo scorcio del 2009, saranno i due episodi di violenza che hanno fatto il giro del mondo, con il volto insanguinato del presidente del Consiglio e la caduta del Pontefice, entrambi vittime di personaggi definiti squilibrati. Carica di significati simbolici l'aggressione di Milano, con Massimo Tartaglia che ha voluto colpire Silvio Berlusconi con una pesante miniatura da bancarella raffigurante il duomo di Milano. Cosa che ha amareggiato ancora di più il Cavaliere, ferito al volto nella sua amatissima città e con il suo simbolo principe. Non è sfuggito, poi, che nel suo tentativo di cercare con lo sguardo smarrito chi lo avesse colpito, il premier è nuovamente salito su quel predellino dell'automobile, che è già passato alla storia per l'annuncio della nascita del Pdl il 18 novembre di due anni fa e che è divenuto, per il centrodestra, ma non solo, l'emblema del 'rinnovamento' politico. Accade così che il predellino sia tornato a rappresentare 'simbolicamente' ancora una volta un 'cambiamento': quello che lo stesso premier ha sottolineato quando ha detto che dopo il dramma vissuto, il Paese, ma anche le forze politiche, hanno registrato un radicale cambio di rotta iscrivendosi idealmente al 'partito dell'amoré e lasciandosi alle spalle il fardello dell'odio. Si è così verificato un 'cortocircuito' politico, e simbolico, con quel 'demonio' evocato da Antonio Di Pietro che ha augurato il buon Natale al Paese con una improbabile letterina a Santa Claus nella quale bollava il premier come 'diavolo' mettendo in guardia il mondo politico dalla tentazione di avere con lui un qualsiasi dialogo o confronto. Ma il diavolo ci ha comunque messo la coda, e dal Duomo di Milano si è trasferito nella Basilica di San Pietro dove, nelle sembianze di una giovane italo-svizzera, ha strattonato il Papa, fino a farlo cadere (senza conseguenze, però, per la salute del Pontefice). E nel delirio di Facebook il 'gioco' dei simboli e delle violenze è stato portato alle estreme conseguenze, fino al punto di associare la miniatura del Duomo ad un'altra raffigurante la Basilica di S. Pietro. Resta ora lo strascico polemico relativo alle maglie troppo larghe della sicurezza che non è riuscita a impedire le due aggressioni. Mentre sullo sfondo si staglia inquietante un nuovo fenomeno, quello dei fan ultrà della rete che hanno innalzato i due aggressori a 'eroi' .
L'UNITA' per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.unita.it2009-12-28
Bersani: "Da me nessuna telefonata a Berlusconi" di Natalia Lombardotutti gli articoli dell'autore Nessuna telefonata tra Bersani e Berlusconi, nessuna linea morbida contro il legittimo impedimento, intento che il segretario Pd avrebbe comunicato al premier alla vigilia di Natale. La smentita arriva dal portavoce di Bersani, Stefano Di Traglia: "Non c’è stata nessuna telefonata natalizia tra il segretario del Pd Pier Luigi Bersani e Silvio Berlusconi. Di conseguenza, anche i contenuti del presunto colloquio telefonico riportati oggi da alcuni quotidiani ovviamente non esistono". Non sarebbe stato aperto, quindi, quel "canale di comunicazione" fra i leader con la chiamata augurale del premier e la promessa del segretario Pd a non alzare barricate in Parlamento, se non votando contro il legittimo impedimento, leggina che terrebbe lontano Berlusconi dai tribunali. Il dialogo sulle riforme appare difficile, un tormentone d’inizio anno sul crinale che divide le leggi ad personam dalle riforme istituzionali di pubblico interesse, sulle quali il segretario Pd, e Massimo D’Alema, sono disposti a ragionare. Lo stesso Bersani aveva detto al premier: "Se il Parlamento è invaso da leggi "ad personam" si fa fatica a discutere d’altro"; ripete il concetto ieri anche Penati, capo della sua segreteria del segretario Pd: "Il Paese ha bisogno delle riforme e la disponibilità del Pd è chiara: per noi sono importanti quelle istituzionali, così come quelle sociali". La volontà del cavaliere la chiarisce Fabrizio Cicchitto: "È sbagliato considerare legittimo impedimento, lodo Alfano e processo breve delle leggi ad personam: una vita politica normale in questo paese si potrà avere solo quando sarà disinnescato l’uso politico della giustizia". Bella pretesa, infatti il capogruppo Pdl alla Camera avvisa che sulla giustizia la maggioranza può fare da sola. Lo è l’approvazione di norme "su misura per il premier", avverte Dario Franceschini, Pd, che boccia i tentativi del centrodestra: "Lo schema per cui loro si fanno da soli le leggi ad personam e poi con noi fanno le riforme istituzionali non sta in piedi". Anzi, così "si chiude ogni spazio di confronto", spiega il capogruppo Pd alla Camera". Il partito democratico non si sottrarrà a un confronto serio ma in Parlamento, ha aggiunto ieri Franceschini portando la solidarietà del Pd ai precari dell’Ispra da un mese sul tetto dell’istituto (il 31 dicembre scadono i contratti di 200 ricercatori), con la proposta di una "indennità di disoccupazione universale". Berlusconi è tappato a Arcore; dal suo entourage smentiscono che sia uscito nel corteo di auto verso Villa Gernetto, sede della "sua" Università Liberale. Silvio non vuole mostrarsi fino al 7 gennaio (dopo un restyling facciale, evidentemente), si materializzerà forse in voce alla radio o in tv prima della fine dell’anno. Il Pdl mira a spaccare il Pd, tirare per la giacca i "riformatori" (Bersani) e dividerli dai "sabotatori del dialogo" (Di Pietro), dice Italo Bocchino, finiano come la rivista "Ffwebmagazine" che spinge su D’Alema per il confronto. Il Pdl fa muro e Di Pietro attacca: "Cicchitto confonde il partito dell’amore con il partito della menzogna", dire che non si tratta di leggi ad personam "offende l’intelligenza degli italiani". E sul suo blog il leader Idv punzecchia il Pd: "Le moine e le lusinghe con cui, dal portinaio di Palazzo Grazioli ai falsi figli dei fiori del partito dell’amore, stanno corteggiando Bersani, dovrebbero di per sé bastare a far comprendere che dietro la facciata del "dialogo dell’amore" lo aspettano gli stessi bari con le solite menzogne di sempre". Anche da sinistra sia Ferrero del Prc che Sgobio del Pdci avvertono il Pd: nessun dialogo. Dall’opposizione resta disponibile solo l’Udc. 28 dicembre 2009
2009-12-27 Il partito dell’amore Assimilare atti differenti compiuti da due differenti persone in cura da anni per disturbi mentali col fine di costruirci sopra un’unica "teoria della violenza" prodotta dal clima politico sembra davvero un’ardua e mistificante impresa. Vi accenna lo stesso presidente del Consiglio - che compare "in voce", ogni giorno ormai, dalla sua villa di Arcore, alla radio, alla tv, nei Tg - quando al Tg1 dell’altra sera parla di "odio che rende violente contro l’avversario politico le menti più fragili". Stringe subito l’acrobatica connessione il tg della Rai mettendo sullo stesso piano di "prodotti dell’odio politico" il lancio folle di Massimo Tartaglia contro Berlusconi e il tentativo della svizzera Susanna Maiolo di toccare Benedetto XVI. Due episodi che, semmai, dovrebbero far riflettere sulla inadeguata professionalità della sicurezza, italiana e vaticana, utilizzata in quei pericolosi bagni di folla. È già inqualificabilmente grave - l’hanno fatto Cicchitto ed altri - dare nome e cognome ai "mandanti" di Tartaglia. Ma, andare oltre l’inqualificabile per impastare insieme i due gesti quali sintomi di uno stesso clima politico profondamente inquinato è davvero voler contribuire all’incendio permanente del confronto, dirigendo le fiamme contro i "mandanti" e dando la seguente impressione: c’è "un partito dell'amore" (senza allusioni al lettone dono di Putin) e c’è "un partito dell'odio". Del primo fanno parte tutti coloro che amano il premier e ne condividono opinioni e progetti. Del secondo fanno parte non solo tutti coloro che detestano lui e le sue proposte politiche (comunque, chi gliel’ha messa in bocca a Di Pietro l’idiozia di Berlusconi=Diavolo?), ma anche tutti coloro che, più semplicemente, non le condividono. Dissenso, in democrazia, del tutto legittimo. Quando Berlusconi - significativamente dopo l’Epifania, dal greco epiphàino, appaio - riapparirà, proporrà riforme vere oppure leggi su misura per lui? Nel primo caso sarebbe sbagliato non andare a vedere le carte e ragionare su di esse. Nel secondo, sarebbe sbagliato proseguire nel dialogo. Domanda: così facendo, si entrerebbe a far parte, automaticamente, delle "fabbriche di menzogne, estremismo e anche di odio" (Berlusconi al Tg1)? Non è proprio il massimo che l’altro ieri il presidente abbia dialogato "in voce" con don Pierino Gelmini della Comunità "Incontro", rinviato a giudizio per abusi su minori. Ancor più sorprendente che abbia rivendicato il motto "noi rispettiamo l’avversario politico". Non ricorda di aver parlato delle "stronzate di Prodi", di aver mimato la sinistra che va al governo e subito straccia il suo programma, di aver sostenuto "certo, non credevo fossero così tanti i coglioni" che votano per la sinistra, di aver proposto l'on. Schulz (Spd) "per il ruolo di un kapò", di aver definito Rosy Bindi "più bella che intelligente", ecc.? Tuttavia se il Berlusconi dell’Epifanìa, cioè della nuova "apparizione", sarà diverso da quello e proporrà leggi condivisibili, spiazzerà per primi i suoi sostenitori, come Minzolini, i quali fanno un solo fascio di Massimo Tartaglia e di Susanna Maiolo per rappresentare il clima di odio contro il governo e il suo leader alimentato dal centrosinistra, anzi dalla sinistra. Ora e sempre "comunista", ovviamente. 27 dicembre 2009
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il SOLE 24 ORE per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.ilsole24ore.com2010-01-07
2009-12-26 26 dicembre 2009 Berlusconi: il 2010 sarà l'anno delle riforme "I nostri avversari hanno ironizzato dicendo che stiamo quasi dando vita a un partito dell'amore. Io lo dico senza ironia: è proprio così". È un passaggio dell'intervento che il premier Silvio Berlusconi ha fatto in collegamento telefonico da Arcore con la 'Comunità Incontro' di Don Gelmini. "Noi - ha proseguito il presidente del Consiglio - intendiamo essere tutti uniti; coloro che amano e rispettano gli altri per portare avanti il duro lavoro che ancora ci aspetta e per fare del nostro Paese un Paese migliore e per dare a tutti i ragazzi la possibilità di realizzarsi e di guardare al futuro con sicurezza". "Mettiamoci insieme, tutti noi, persone di buona volontà, che credono nell'amore e che credono che l'amore possa vincere l'invidia e l'odio", ha aggiunto il Cavaliere. "Il 2010 sarà l'anno delle riforme in tutte le direzioni", ha sottolineato Berlusconi, nella sua telefonata alla Comunità Incontro di Don Gelmini. Il premier tornerà all'attività politica pubblica dal 7 gennaio. L'annuncio è giunto dallo stesso premier nel corso di un'altra telefonata al Tg1 la sera di Natale, in cui ha ricordato il grave rischio corso a causa dell'aggressione in piazza Duomo. "Comincio già a stare meglio - ha detto Berlusconi -, sono già più guardabile e ho ricominciato anche a mangiare i cibi solidi. Soprattutto sono sereno, perché penso continuamente al fatto di essere stato fortunato, perché altrimenti avrei potuto passare un Natale sotto terra e con questa neve e con questo gelo di Milano e del Nord, non sarebbe certo stato piacevole". Chiudere con le fabbriche del disfattismo. Dopo l'aggressione di piazza del Duomo il clima politico, ha detto il premier, è "migliorato" e ora sembra prevalere quello che qualcuno "ironicamente" ha definito il "partito dell'amore". Ma per rendere duratura la ripresa economica, che certamente arriverà con il 2010, occorre chiudere definitivamente quelle "fabbriche del disfattismo" che portano "odio e violenza". Lavorare sulle riforme, a partire dalla giustizia. Il proposito per l'anno nuovo è dunque quello di "continuare a lavorare con passione e determinazione a quelle riforme che sono necessarie per migliorare la vita di tutti noi". In particolare nel corso della telefonata di auguri con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, Berlusconi avrebbe espresso l'auspicio che il dialogo con l'opposizione sulle riforme possa davvero ripartire: "La bozza Violante mi pare una buona base e ora si tratta soltanto di definire un'agenda. Noi siamo disponibili". Sconfiggeremo la mafia entro la legislatura. Ripercorrendo i principali interventi del Governo nel corso dell'anno il premier ha ricordato la "tragedia" dei rifiuti in Campania; la risposta al terremoto in Abruzzo; l'approvazione di una finanziaria da 9 miliardi di euro "senza mettere le mani nelle tasche degli italiani". Poi l'impegno contro la mafia: "La mafia è un fenomeno patologico che noi vogliamo sconfiggere definitivamente" in questa legislatura. 26 dicembre 2009
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l regime militare del partito dell'amore 8 gennaio 2010 "Se la politica italiana fosse un film, questo inizio di 2010 lo intitolerei Le conseguenze dell’amore. Il regime c’è da tempo. Ma ora si sta consolidando e inasprendo alla maniera classica dei totalitarismi: introducendo nella politica la categoria del sentimento per cancellare qualunque normalità democratica, qualunque ordinaria dialettica fra maggioranza e opposizione, fra governo e poteri di controllo e di garanzia. Il Capo pretende di essere amato, anzi adorato e, dopo l’attentato di Piazza Duomo, gioca sui sentimenti dei cittadini per ricattarli: ‘Chi non è con me è contro di me. Chi non mi adora mi odia’". Barbara Spinelli non si è mai sottratta alle regole ferree del dizionario: ha sempre chiamato "regime" il berlusconismo. Ma ora vede un’altra svolta, una cesura estrema, un salto in avanti verso il baratro. Qual è precisamente questa svolta di regime nel regime? Nella testa di Berlusconi l’attentato di Piazza Duomo ha creato un prima e un dopo. Dopo, cioè oggi, nulla può più essere come prima. Si sente in guerra, anche se combatte da solo. E con il dualismo amore-odio crea una situazione militare: l’immagine del suo volto sfregiato e insanguinato, riproposta continuamente in tv e sui giornali, è per lui l’equivalente dell’attentato alle due Torri per Bush. Stessa valenza, stessa ossessività, stesso scopo ricattatorio. Con la differenza che, dietro l’11 settembre, c’era davvero il terrorismo internazionale. Dietro l’attentato a Berlusconi c’è solo una mente malata e isolata.
Qual è la conseguenza politica? L’attentato al premier ha ancor di più narcotizzato la stampa italiana, che ha rapidamente interiorizzato il ricatto dell’amore e dell’odio. E il Pd dietro. Viene bollata come espressione di odio da neutralizzare, espellere, silenziare qualunque voce di opposizione intransigente. Cioè di opposizione. Tutti quei discorsi sul dovere del Pd di isolare Di Pietro. A leggere certi quotidiani, ci si fa l’idea che il vero guaio dell’Italia degli ultimi 15 anni non sia stato l’ascesa del berlusconismo, ma quella dell’antiberlusconismo. Quanti editoriali intimano ogni giorno all’opposizione di non odiare, cioè in definitiva di non opporsi! Come se l’azione isolata di un imbecille potesse e dovesse condizionare l’opposizione. Un ricatto che si riverbera anche sugli articoli di cronaca.
A che cosa si riferisce? Alla strana indifferenza con cui si raccontano alcune scelte mostruose, eversive della maggioranza che inasprisce il suo regime senza più critiche né opposizione. Penso alle tre o quattro leggi ad personam fabbricate in queste ore nella residenza privata del premier. Penso all’orribile apposizione del segreto di Stato sugli spionaggi illegali scoperti dalla magistratura in un ufficio del Sismi e nell’apparato di sicurezza Telecom. A salvare con gli omissis di Stato gli spioni accusati di avere schedato oppositori, giornalisti e magistrati sono gli stessi che un anno fa creavano il mostro Genchi, dipingendolo come una minaccia per la democrazia, trasformando il suo presunto ‘archivio’ in una centrale eversiva.
E Genchi operava legalmente per procure e tribunali, al contrario delle barbe finte della Telecom e del Sismi. Appunto, ma nella smemoratezza generale, facilitata dalla narcosi della stampa (per non parlare della tv), nessuno ricorda più nulla. Nessuno è chiamato a un minimo di coerenza, né di decenza. I sedicenti cultori della privacy che strillano a ogni legittima intercettazione giudiziaria tentano di controllare addirittura il cervello e i sentimenti del comune cittadino col ricatto dell’‘odio’. Fanno scandalo le intercettazioni legali, mentre lo spionaggio illegale viene coperto dal governo. Così il segreto di Stato diventa un lasciapassare preventivo a chiunque volesse tornare a spiare oppositori, giornalisti e magistrati. 'Fatelo ancora, noi vi copriremo', è il messaggio del regime. 'Le operazioni illegali diventano legali se le facciamo noi': un avvertimento per quel poco che resta di opposizione e informazione libera. E il Pd e i giornali ‘indipendenti’ non dicono una parola, soggiogati dalla sindrome di Stoccolma.
Che dovrebbe fare, in questo quadro, l’opposizione? Vediamo intanto che cosa dobbiamo fare noi con l’opposizione: smettere di chiamarla opposizione. Diciamo ‘quelli che non governano’. Gli daremo la patente di oppositori quando ci diranno chiaramente che cosa intendono fare per contrastare il regime e cominceranno seriamente a farlo. Se è vero che Luciano Violante segnala addirittura al governo le procure da far ispezionare, se Enrico Letta difende il diritto del premier a difendersi 'dai' processi, se altri del Pd presentano disegni di legge per regalare l’immunità-impunità a lui e ai suoi amici, chiamarli oppositori è un favore. Li aspetto al varco: voglio sapere chi sono e cosa fanno.
Ellekappa li chiama "diversamente concordi". Appunto. Non si sono nemmeno accorti dello spartiacque segnato dall’attentato nella testa di Berlusconi, fra il prima e il dopo. Non hanno neppure colto la portata ricattatoria dell’ultimatum del premier perché le nuove leggi ad personam vengano approvate entro febbraio, altrimenti 'le conseguenze politiche non saranno indolori'. Nessuno ha nulla da dire contro questo linguaggio da mafioso ai vertici dello Stato? Perché nessuno fa dieci domande su quella frase agghiacciante? E’ il Partito dell’Amore che si esprime così?
Che dovrebbe fare l’opposizione per essere tale? Rendersi graniticamente inaccessibile a qualsiasi compromesso sulle leggi ad personam. Evitare di reagire di volta in volta sui piccoli dettagli, ma alzare lo sguardo al panorama d’insieme e dire chiaro e forte che siamo di fronte a una nuova svolta, a un inasprimento del regime. E respingere pubblicamente, una volta per tutte, questo discorso osceno sull’amore-odio. Tabucchi invita le opposizioni a coinvolgere l’Europa con una denuncia che chiami in causa le istituzioni comunitarie.
Sull’Europa non mi farei soverchie illusioni: basta ricordare i baci e abbracci a Berlusconi negli ultimi vertici del Ppe. Io comincerei a dire che con questo tipo di governo non ci si siede a nessun tavolo, non si partecipa ad alcuna ’convenzione’, non si dialoga e non si collabora a cambiare nemmeno una virgola della Costituzione. Oddio, se vogliono ridurre i deputati da 630 a 500 o ritoccare i regolamenti, facciano pure: ma non è questo che interessa a Berlusconi. Come si fa a negoziare sulla seconda parte della Costituzione con chi, vedi Brunetta, disprezza anche la prima, cioè i princìpi fondamentali della nostra democrazia? Anziché dialogare con Berlusconi, quelli del Pd farebbero meglio a guardare a Fini, provando a fare finalmente politica e lavorando sulle divisioni nella destra, invece di inseguire, prigionieri stregati e consenzienti, il pifferaio magico. Spesso in questi mesi Fini s’è mostrato molto più avanti del Pd, che l’ha lasciato solo e costretto ad arretrare. Perché, con la maggioranza che ha, il Cavaliere cerca il dialogo col Pd?
Anzitutto per un’irrefrenabile pulsione totalitaria: lui vorrebbe parlare da solo a nome di tutto il popolo italiano, ecco perché l’opposizione dovrebbe dirgli chiaramente che più della metà degli italiani non ci sta. E poi c’è una necessità spicciola: senza i due terzi del Parlamento, le controriforme costituzionali dovrebbero passare dalle forche caudine del referendum confermativo: e l’impunità delle alte cariche o della casta, per non parlare del lodo ad vitam di cui parlano i giornali, non hanno alcuna speranza di passare. Dunque è proprio sulla difesa della Costituzione e sul no a qualunque immunità che il Pd dovrebbe parlar chiaro. Invece è proprio lì che sta cedendo. L’ha soddisfatta il discorso di Napolitano a Capodanno?
Mi ha impressionato più per quel che non ha detto, che per quel che ha detto. Mi aspettavo che, onorando i servitori dello Stato che rischiano la vita, non citasse solo i soldati in missione, ma anche i magistrati che corrono gli stessi rischi anche a causa del clima, questo sì di odio, seminato dalla maggioranza. Invece s’è dimenticato dei magistrati persino quando ha elencato i poteri dello Stato, come se quello giudiziario non esistesse più. Perché, secondo lei, tutte queste dimenticanze?
È una lunga storia...Chi è stato comunista a quei livelli non ha mai interiorizzato a sufficienza i valori della legalità, della giustizia, dei diritti umani. Quando poi i comunisti italiani, caduto il Muro, hanno cambiato nome, sono diventati socialisti, e all’italiana: cioè perlopiù craxiani. Mentre la cultura socialista europea ha sempre difeso la legalità e la giustizia, il socialismo italiano degli anni ’80 e ‘90 era quello che purtroppo conosciamo. E chi, da comunista, è diventato craxiano oggi non può avvertire fino in fondo la violenza di quanto sta facendo il regime. Ora si apprestano a celebrare il decennale di Craxi.
Mi auguro che il presidente della Repubblica non si abbandoni a festeggiamenti eccessivi. E non ceda alla tentazione di associarsi a questa deriva generale di revisionismo e di obnubilazione della realtà storica sulla figura di Craxi. Anche perché la riabilitazione di Craxi non è fine a se stessa: serve a svuotare politicamente e mediaticamente i processi a Berlusconi e a tutti i pezzi di classe dirigente compromessi con il malaffare. Riabilitano un defunto per riabilitare i vivi. Cioè se stessi. Da Il Fatto Quotidiano dell'8 gennaio
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